TESTO UNICO SULLA PRIVACY (D. LGS 196/2003) E CODICE DEONTOLOGICO RELATIVO AL TRATTAMENTO DEI DATI PERSONALI NELL’ESERCIZIO DELL’ATTIVITÀ GIORNALISTICA

Il Titolo I del d. lgs 196/2003 (Testo unico sulla privacy che ha sostituito la legge 675/1996), nello stabilire quale principio generale che “chiunque ha diritto alla protezione dei dati personali che lo riguardano” (articolo 1), prevede che il loro trattamento a fini giornalistici “si svolga nel rispetto dei diritti e delle libertà fondamentali, nonché della dignità dell’interessato, con particolare riferimento alla riservatezza, all’identità personale e al diritto alla protezione dei dati personali” (articolo 2). Il Titolo III, nell’indicare le regole per il trattamento dei dati, prevede che il rispetto di quelle che sono contenute nei “Codici di deontologia” (ivi compreso quello dei giornalisti) “costituisce condizione essenziale per la liceità e correttezza” del trattamento stesso (articoli 3 e 4).

Il Codice deontologico relativo al trattamento dei dati personali nell’esercizio dell’attività giornalistica, approvato dal Consiglio nazionale dell’Ordine dei giornalisti nella seduta del 26 e 27 marzo 1998, trasmesso all’Ufficio del Garante della privacy con nota prot. n. 2210 del 15 luglio 1998, pubblicato nella Gazzetta ufficiale il 3 agosto 1998 e entrato in vigore, come tutte le leggi, il quindicesimo giorno successivo, costituisce l’Allegato A del Dlgs n. 196/2003 e, come tale, assurge al rango di norma primaria. La sentenza 16145/2008 della III sezione penale della Corte di Cassazione ha ricordato che “il Codice deontologico dei giornalisti è una legge”.Il testo, che realizza un soddisfacente equilibrio nel delicato rapporto tra diritto di cronaca e protezione della sfera di riservatezza dei cittadini, è composto da 13 articoli.

Le violazioni del Codice sono sanzionate, per quanto riguarda i giornalisti, soltanto in via disciplinare. La terza sezione penale della Cassazione, con la sentenza 16145/2008, ha affermato che “non esistono deroghe in favore dei giornalisti”.

Secondo la Corte di Appello di Milano nei confronti dei giornalisti che violano la privacy ”non si applica la tutela penale prevista per il trattamento illecito dei dati, ma, unicamente, una tutela in sede disciplinare, innanzi al Consiglio dell’Ordine”. La Suprema Corte, invece, ha osservato che, in tema di salute, anche per effetto di direttive comunitarie a tutela della ”dignità umana”, bisogna interpretare le norme in maniera ”rigida” e “ricordarsi che anche il Codice deontologico della stampa è una legge”. I giornalisti, quindi, rischiano il processo penale (mentre prima la sanzione era soltanto disciplinare).